IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nella causa iscritta al n.
 6232 del r.g. civ.  del  1972,  promossa  da:  amministrazione  delle
 finanze   dello   Stato,   in   persona   del  Ministro  pro-tempore,
 rappresentata e difesa  ex-lege  dall'avvocatura  distrettuale  dello
 Stato  di  Torino  e  presso  i  suoi  uffici  domiciliata  - atto di
 citazione notificato il 20  ottobre  1972,  attrice,  contro  Tarasio
 Luigi,  residente in Villadeati, elettivamente domiciliato in Torino,
 presso il dott.  proc. Francesco Caterina  che  unitamente  al  dott.
 proc.  Elena  Speranza  lo  rappresenta  per delega 3 gennaio 1973 in
 calce all'atto di citazione  c.s.  notificato,  primo  conventuto,  e
 contro  Genovese  Giulio,  residente  in  Villadeati ed elettivamente
 domiciliato in Torino presso  l'avv.  Savino  Pene'  che,  unitamente
 all'av.  Giorgio  Bodino lo rappresenta per delega 16 gennaio 1973 in
 calce all'atto di citazione c.s. notificato secondo convenuto,  causa
 rimessa  al  collegio per l'udienza del 10 febbraio 1976 e, a seguito
 ex art. 309 del c.p.c., al 2 marzo 1976, sulle seguenti  conclusioni:
 Per l'attrice:
   Piaccia all'ill.mo tribunale, contrariis reiectis: riconoscere allo
 Stato ex art.  586  del  c.c.  la  qualita'  di  erede  esclusivo  di
 Maggiolino  Marta  ved.  Genovese,  deceduta  il  23 novembre 1964 ab
 intestato  e  senza   eredi   legittimi   entro   il   sesto   grado,
 conseguentemente  condannare  Tarasio  Luigi  e  Genovese Giuseppe al
 rilascio di tutti i beni relitti di Maggiolino Marta ved. Genovese  a
 favore dell'amministrazione attrice.
    Con vittoria di spese, competenze e onorari di giudizio.
    Salvezze illimitate.
 Per il primo convenuto:
   Voglia   l'ill.mo  tribunale,  contrariis  reiectis,  e  previe  le
 declaratorie di rito e del caso,
    In via principale: rigettare la domanda;
    In via subordinata:
      disporre   l'immediata   trasmissione   degli  atti  alla  Corte
 costituzionale onde accertare la legittimita'  della  interpretazione
 data  dall'attrice  agli  artt.  565, 570, 572, 586 del cod. civ. per
 contrasto con gli artt. 3 e  30,  secondo  cpv.,  della  Costituzione
 della Repubblica italiana, e conseguentemente sospendere il processo.
    In dannatissima ipotesi:
      riconvenzionalmente  dichiarare tenuta l'amministrazione attrice
 al rimborso delle somme percepite, a titolo di imposta  complementare
 sulle  successioni  e  condannarla  alla  restituzione  in  favore di
 Tarasio Luigi di quanto da esso pagato per il titolo  di  cui  sopra,
 con gli interessi di mora.
    In ogni caso:
      con il favore delle spese.
 Per il secondo convenuto:
   Piaccia al tribunale ill.mo, contrariis reiectis;
       A)  in  via  principale,  assolvere  il convenuto dalle attrici
 domande, con il favore delle competenze di causa;
       B)  in via subordinata, - salvo gravame, assolvere il convenuto
 dalle attrici domande, con il favore delle competenze di causa previa
 tasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale  e  conseguente
 sospensione  del  giudizio  per  la  decisione  della  questione   di
 legittimita'  costituzionale  che  si propone con la seguente istanza
 (od altra meglio tenorizzanda ex officio ex  art.  23,  terzo  comma,
 della legge 11 marzo 1953, n. 87):
    "Premesso  che  l'art. 586 del cod. civ. statuisce che in mancanza
 di altri successibili l'eredita' e' devoluta allo Stato;  che  l'art.
 565   del   cod.  civ.  contempla  nella  successione  legittima,  la
 devoluzione 'ai collaterali ed ai parenti naturali'; che, per contro,
 in  base  alla  collocazione sul capo I delle successioni, intitolato
 'delle successioni dei parenti legittimi', l'art. 570 del  cod.  civ.
 (successione   dei  fratelli  e  delle  sorelle)  parrebbe  escludere
 (presupposto implicito delle attoree pretese) il diritto  successorio
 in  capo  ai  fratelli  e  sorelle  naturali  riconosciuti o nei loro
 confronti; che detta esclusione, che non pare espressamente eliminata
 dalle  previsioni  di  cui  al  capo  II (della successione dei figli
 naturali e dei loro parenti) determina il netto  contrasto  dell'art.
 570  con  gli  artt.  3  e  30  terzo  comma della Costituzione della
 Repubblica italiana, tanto piu' che l'amministrazione  delle  finanze
 dello  Stato  non puo' certo invocare a proprio favore e beneficio un
 interesse  equipollente  a  quello   'dei   membri   della   famiglia
 legittima'.
    Cio'  premesso,  rimettersi  con  ordinanza  gli  atti  alla Corte
 Costituzionale   per   risolvere   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale come sopra prospettata";
       C)  in  via  subordinatissima,  e salvo gravame, nella denegata
 ipotesi di accoglimento delle  attoree  domande,  compensarsi  quanto
 dovuto al convenuto fino a concorrenza della somma pagata a titoto di
 imposta successoria (con  gli  interessi),  con  compensazione  delle
 spese di causa.
                           PREMESSO IN FATTO
    Il   23   novembre  1964  decedeva  senza  testamento  in  Torino,
 Maggiolino Marta vedova Bongiovanni, nata a Villadeati  il  7  maggio
 1895,  lasciando  immobili sia a Torino che a Robella, oltre somme in
 depostio per L. 8.175.467.
    La de cuius e' figlia naturale riconosciuta dela predefunta Odisio
 Clara Giuseppina, dalla quale ultima, l'8 maggio 1894 era  pure  nato
 altro  figlio  naturale,  tutt'ora  vivente,  Torasio Luigi, ed il 23
 luglio 1900, dalla unione legittima con il predefunto Genovese Luigi,
 altro figlio, questa volta legittimo, Genovese Giulio Giuseppe.
    Questi  due,  fratelli  naturali della Maggiolino, si sono immessi
 nella sua eredita' in ragione di 1/2 ciascuno,  provvedendo  anche  e
 successivamente,  a  denuncia  di  successione per gli immobili il 23
 ottobre 1969 all'ufficio del registro di Chivasso, col  n.  2874/9  e
 per  il  libretto  postale  di  L. 8.175.467 il 10 febbraio 1970 allo
 stesso ufficio di Chivasso col n. 351/1.
    Contro  tale  intervenuta successione esercita azione di petizione
 ereditaria lo Stato a mezzo dei suoi Organi rappresentativi  evocando
 in  giudizio  i  predetti  Torasio  Luigi e Genovese Giulio, Fratelli
 naturali  della  de  cuius,  attuamente  in  possesso  dell'eredita',
 sostenendo che essi debbono essere esclusi dalla succesione in quanto
 legati alla de cuius dal solo vincolo di  parentela  naturale  e,  in
 mancanza  di  successori  legittimi  entro  il sesto grado, invocando
 l'applicazione degli artt. 572 n.c.  e  586  c.c.,  con  devoluzione,
 quale esclusivo erede, allo Stato medesimo.
    Con   separate  difese  costituite,  resistono  a  tali  richieste
 entrambe le parti convenute,  chiedendo  in  via  principale  che  la
 domanda   venga  respinta  sul  presupposto  che  il  tribunale  (con
 provvedimento non  indicato  neppure  negli  estremi),  avrebbe  loro
 riconosciuta  la qualita' di "unici eredi", della de cuius, con visto
 del p.m. (probabilmente in sede di volontaria giurisdizione),  ed  in
 quanto nessuna disposizione anche dopo la nuova legge, fa distinzione
 fra  parenti  naturali  e  legittimi  e  nella  specie  non  vi  sono
 legittimari che potrebbero essere stati lesi.
    In  via  preliminare,  comunque,  entrambi chiedono rimettersi gli
 atti alla Corte costituzionale  sostenendo  la  illegittimita'  degli
 artt. 565, 570, 572 e 586 del c.c., i relazione agli artt. 3, 30 e 42
 della Costituzione della Repubblica, in quanto la ritenuta esclusione
 violerebbe  il principio di uguaglianza (art. 3) e soprattutto quello
 di  assicurare  ai  figli  nati  fuori  del  matrimonio  ogni  tutela
 giuridica (art. 30), senza che i limiti stabiliti dall'art. 42 u.p. e
 30 III capv. a favore di legittimari possano ritenersi violati  dalla
 loro successione.
    In  via  del  tutto  subordinata,  il  Genovese ha inoltre chiesto
 almeno la compensazione fra quanto dovuto e quanto pagato per imposta
 di   successione,  con  interessi  e  spese  di  causa  (1.802.000  +
 3.870.000).
    Il Tarasio ha separatamente chiesto all'amministrazione attrice la
 restituzione di quanto corrisposto a titolo di imposta  complementare
 sulle successioni.
    Dopo   varie   udienze   con  scambio  di  memorie,  precisate  le
 conclusioni c.s., la causa e' pervenuta al Collegio  corredata  delle
 conclusionali, una prima volta il 10 febbraio 1976 senza che le parti
 presenziassero. Rinviata ai sensi dell'art. 309 del c.p.c., le  parti
 presenti ne hanno oggi chiesto la spedizione a decisione.
                               IN DIRITTO
   Osserva:  nella  successione ex lege ab intestato, per l'art. 570 e
 586 del c.c., allorche' il de cuius, ha lasciato soltanto fratelli  e
 sorelle   naturali,   questi  vengono  esclusi  dalla  successione  e
 l'eredita' e' devoluta allo Stato. Ma, a parte  la  legittimazione  a
 far  valere tale esclusione da parte dello Stato dopo che l'Erario ha
 incassato i diritti pagati per la successione dei fratelli  naturali,
 gia'  al  possesso  da  oltre  10  anni,  il giudizio non puo' essere
 definito  prima  che  sia  risolta   la   questione   relativa   alla
 legittimita'  di  tale  esclusione, che, ad avviso del Collegio, puo'
 essere in contrasto  con  il  precetto  degli  artt.  3  e  30  della
 Costituzione,  allorche', come nella specie, non essendovi diritti di
 parenti legittimi da  salvaguardare  secondo  quanto  dispongono  gli
 artt.  30  e 42 della Costituzione stessa, risorge nel resto la piena
 equiparazione della parentela naturale a quella legittima, ancor piu'
 rimarcata  dallo  spirito  della  legge  19  maggio 1975, n. 151 che,
 innovando nettamente all'art. 250 del c.c.  con  l'art.  102,  lo  ha
 modificato, ammettendo la possibilita' del riconoscimento persino del
 figlio adulterino, anche in costanza  di  matrimonio,  senza  che  il
 consenso   dell'altro   coniuge   possa   essere  rifiutato,  ove  il
 riconoscimento risponda all'interesse del figlio, che, se adulterino,
 non puo' aver riservato trattamento inferiore a quello naturale.
    V'e'  da  aggiungere  che persino per i figli naturali oggi ancora
 non riconoscibili (quelli incestuosi) nei rapporti della  successione
 ai  genitori naturali e' riservato un vitalizio (art. 580 e 594 nella
 dizione dell'art. 188 e 195 della nuova legge).
    In  tale  contesto,  restano esclusi dalla reciproca successione i
 fratelli  naturali  solo  per  una  rigorosa  interpretazione   della
 collocazione  topografica  dell'art.  570  del  c.c.  che  regola  la
 successione tra fratelli e sorelle sotto il capo  I  del  titolo  II,
 mentre se fosse stato collocato alla fine del capo II, pur mantenendo
 la identica letterale dizione, ne ammetterebbe la  successione  nello
 stesso  spirito  e con le stesse limitazioni di cui all'art. 42 della
 Costituzione.
    Al  lume  di  tale  attuale  collocazione, si ammette, infatti, la
 successione dei parenti naturali solo secondo linea retta, risultando
 la  sopravvenienza  del  dante  causa  in  linea verticale un tramite
 stranamente necessario, quasi che, la sua premorienza  (a  differenza
 di  quanto  accade  nell'ambito della famiglia legittima), interrompa
 fra i sopravvissuti suoi comuni aventi causa  in  linea  retta,  quel
 vincolo  naturale  che pure il costituente ha voluto garantire, fatti
 salvi i soli diritti potiori della parentela legittima.
    Non  appare  adunque  superfluo,  dopo  tali  e tante innovazioni,
 suscitare  da  parte  della  Corte  costituzionale  il  riesame   del
 fondamento  della  questione  sul  contrasto  delle  norme  in esame,
 nascente unicamente dalla topografica collocazione dell'art. 570  del
 c.c., con l'art. 30 della Costituzione per il quale la legge assicura
 ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica  e  sociale,
 specie  quando,  come nella specie, non sopravvive alcun membro della
 famiglia legittima.
    Il  Tribunale  non  ignora che e' stato ritenuto pacifico in altro
 clima e per altre norme  (successione  all'ascendente  legittimo  del
 genitore da parte del figlo naturale - sentenza 6 giugno 1960, n. 54,
 in Foro It. I, 1068, art. 467, 468 e  577  del  c.c.)  la  esclusione
 dalla  successione  dei collaterali naturali (sentenza 27 marzo 1974,
 n. 82, in giur. It. 1974, I-I 1114, 6 luglio 1960, n. 54 in giur. It.
 1961-I-I   283)   senza   che   essa   implicasse   dichiarazione  di
 incostituzionalita', trattandosi di  materia  ritenuta  riservata  al
 legislatore,  ma  ricorda  ancora  il vasto movimento dottrinario che
 prima e dopo ha accompagnato la  questione  (Nicolo':  La  filiazione
 illegittima  nel  quadro dell'art. 30 della Costituzione in Democr. e
 dir. 1960 pag. 3;  Esposito:  Famiglia  e  figli  nella  Costituzione
 italiana,  in  "La  Costituzione  italiana",  Padova, 1954 pag. 135 e
 segg.; Rescigno: La tutela dei figli nati fuori  del  matrimonio,  in
 riv.  dir.  matrim.  1965  pag.  34  e segg.; Funaioli: La filiazione
 naturale nella Costituzione, in nuova riv. dir. com. e dir. soc. 1950
 pag.  21;  A. Giugni: La tutela dei figli illegittimi nell'attuazione
 dell'art. 30 della Costituzione (nota e  sent.)  in  riv.  Corte  dei
 conti   1949-III-60;   Ambroso:   La  tutela  dei  figli  illegittimi
 nell'attuazione dell'art. 30 della Costituzione in nuova  Rass.  1951
 n.  6  pag.  425;  Azzariti:  Dichiarazioni  costituzionali e riforme
 legislative in tema di filiazione illegittima,  in  Riv.  Trim.  dir.
 proc.  civ.  1952  pag. 827 e 990; Badini-Confalonieri: La tutela dei
 figli illegittimi, in La civ. ital. 1952 n. 11-12  pag.  973;  Stella
 Richter:  Scioglimento  del  matrimonio e prole adulterina, in Giust.
 civ.  1959-I,  635;  Del  Giudice:  Sulla  riforma   degli   istituti
 familiari,  in  Jus  1950;  Giorgianni:  Problemi  attuali di diritto
 familiare in Rivista trim. dir. e proc. civ.  1956  720;  Jemolo:  La
 famiglia  e  il  diritto, in pagine sparse di diritto e storiografia,
 Milano 1957 pag. 230 e segg.; Bianchi D'Espinosa: La tutela giuridica
 dei  figli  nati  fuori  del  matrimonio,  in  riv.  dir. matr. 1965:
 Majello: il diritto di rappresentazione dei figli naturali,  in  foro
 pad.  1969,  25  e segg.; Ghiretti: la successione dei figli naturali
 alla luce degli artt. 3, 29 e 30 della Costituzione,  in  riv.  trim.
 dir.  e  proc.  civ.  1972,  I,  331  e  segg.; Grassetti: i principi
 costituzionali   relativi   al   diritto    familiare,    in    Comm.
 Calamandrei-Levi 1950).
    Del  resto  di  recente  la  stessa  Corte  costituzionale  si  e'
 dimostrata  sensibile  a   tale   movimento   di   aggiornamento   ed
 allineamento  allo  spirito  della  Costituzione  con  la sentenza 30
 aprile 1973, n. 50 (in Giur. It. 1973, I-I, 1223) che  dichiarava  la
 incostituzionalita'  della  limitazione  di  misura  della  quota  di
 riserva della limitazione  di  misura  della  quota  di  riserva  nel
 concorso  dei figli naturali coi figli legittimi (539, 537, 545 e 546
 del c.c. e art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87).
    Gia' altri tribunali (Genova, Matera, S. Remo, Messina e da ultimo
 Catanzaro, 12 dicembre 1973 in Giur. It. II 656  per  caso  identico)
 hanno  infine  avvertito il possibile contrasto e non risulta che sia
 intervenuta pronunzia sull'ultima ordinanza di Catanzaro.
    Inoltre l'interpretazione della stessa Corte costituzionale non e'
 stata sempre uniforme sul punto e non appare definitiva.
    Infatti,  le  ricordate  piu'  recenti  sentenze modificavano piu'
 ortodossi principi gia' enunciati dalla stessa  Corte  costituzionale
 nella  sent.  n.  54  del 1960 (in giur. it. 1961 I-I 283) secondo la
 quale il legislatore e'  vincolato  dalla  norma  costituzionale  che
 comporta  una  completa assimilazione dei figli naturali ai legittimi
 la' dove manchi una famiglia legittima.
    Anche  in  sede  di rappresentazione (art. 467 e segg. del c.c. la
 Corte costituzionale con la sent. 14 aprile 1969, n. 79 (in giur. it.
 1969  I-I  1220) ha in parte motiva affermato concetti che inducono a
 ritenere  tutt'altro  che  infondata  la   questione   costituzionale
 sollevata    dalle   difese   dei   convenuti,   cosi'   testualmente
 esprimendosi: "Nella costituzione non e' riposto un  astratto  favore
 per  i  figli  naturali (riconosciuti o dichiarati) da tradursi dalla
 legge ordinaria in tutela concreta nel contenuto  e  nei  limiti.  La
 garanzia dei diritti del figlio naturale e' invece tutta spiegata nel
 terzo comma, prima parte, dell'art. 30 per il caso in  cui  non  urti
 con  gli  interessi  dei membri della famiglia legittima: vale a dire
 che l'intervento del legislatore occorrera' solo  per  conciliare  la
 protezione  del figlio naturale coi diritti di costoro (con citazione
 del resto avvenuta ante letteram ad esempio con le norme  del  codice
 civile  che  disciplinano  la situazione di figli naturali, quanto ai
 diritti ereditari, se concorrono coi figli legittimi). Ne deriva che,
 per  l'ipotesi  in  cui  non  sussista  una famiglia legittima (cosi'
 continua  la  sentenza  citata)  una  legislazione  speciale  non  e'
 necessaria: infatti il figlio naturale gode gia', in virtu' dell'art.
 30, di un'ampia protezione alla quale  il  legislatore  ordinario  e'
 vincolato diversamente da quanto accade per altre materie".